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Giuseppe Damato quel vecchio prete innamorato di Barletta

Nacque a Barletta da Giovanni Damato e Maria Francabandiera, primo di nove fratelli e sorelle, l’8 dicembre 1886, il giorno dell’Immacolata, proprio nell’antico palazzo all’inizio di via Cialdini, che la tradizione vuole abbia - nella sua cantina - fatto da cornice alla sfida fra italiani e francesi che avrebbe dato vita alla famosa disfida.
Nel 1900, a 14 anni, lasciò la famiglia per recarsi a Napoli a frequentare la scuola dei Gesuiti, ma superati brillantemente gli esami di ammissione, non fu poi accettato per la cagionevolezza della sua salute. Tornato a Barletta, si iscrisse al liceo di Trani e, seguendo la sua vocazione sacerdotale, seguì il regolare corso didattico presso il Seminario Regionale.
Ordinato sacerdote nel 1910, a 24 anni, esercitò il suo ministero sacerdotale dividendosi fra la Cattedrale e San Giovanni di Dio, segnalandosi per il fervore delle sue prediche.
Agli inizi degli anni Trenta, il nostro combattivo don Peppuccio, fervente aderente al movimento del Fascio, si iscrisse al “Comitato segreto pro monumento della Disfida”. Il Comitato era costituito da un gruppo di noti personaggi barlettani. La disputa degenerò provocando moti di piazza. Non erano poche le manifestazioni pubbliche alle quali don Peppuccio partecipava come oratore, specialmente su tematiche patriottiche, come le ricorrenze di grandi eventi storici, quale il 24 maggio del 1932, 17° anniversario del nostro intervento nella grande guerra del 1915-’18.
Nel corso della seconda Guerra Mondiale, notevole e instancabile, quanto oscuro e modesto, fu il suo contributo alla città. Vi lascerà, sui fatti del settembre del ’43, una memorabile ricostruzione, assicurata da un gran numero di documenti cartacei e fotografici.
Benché si sia distinto anche per il suo zelo pastorale e per la vivacità delle sue prediche, è soprattutto alla riscoperta di alcuni importanti ritrovamenti archeologici che sono legati gli episodi più rilevanti della sua vita.
Il riscoprimento più famoso è il ritrovamento di un busto di pietra calcarea sull’arcata di accesso alla masseria Fasoli il 5 marzo del 1931. Una statua che egli assegnò ad un imperatore romano e che, affidata al Museo di Barletta, studiata dal prof. Brandi dell’Università di Bari e dall’archeologo tedesco Guido von Kaschnitz - Weinberg, venne invece attribuita all’imperatore Federico II di Svevia. Collocata per mezzo secolo all’ingresso del Museo di via Cavour, è attualmente conservata nel Castello.
Famosissimo e acclarato è il riscoprimento ch’egli fece nel 1937, del menhir nel territorio di Canne, durante la campagna di scavi per il ritrovamento del luogo della famosa battaglia, campagna realizzata a cura del direttore del Museo Archeologico di Bari, prof. Michele Gervasio.
Il ricordo del suo nome resterà indelebilmente legato alla Disfida di Barletta, alla sua riscoperta (nel 1964), con un discorso celebrativo del 461° anniversario dell’evento, e quindi alla passione e all’ardore che mise nel realizzare prima un corteo storico che ricordasse quello avvenuto tanti secoli prima per le strade di Barletta che organizzò nelle giornate del 12, 13 e 14 febbraio del 1965. Stessa iniziativa replicò nel 1966, mentre nell’edizione del 1967 - per la regia di Antonio Basile e con l’assistenza dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo - realizzò finalmente il suo sogno, cioè l’allestimento del primo Certame cavalleresco, combattuto nello stadio “Lello Simeone”, che ebbe risonanza nazionale. Il suo ultimo desiderio era quello di realizzare un monumento alla Disfida; inaugurato il 9 marzo del 1980 nei giardini del Castello, oggi fa bella mostra di sé all’ingresso della città, alla confluenza fra via Andria e via Trani.
L’impegno di don Peppuccio non si esauriva tuttavia nella faticosa instancabile azione organizzativa della Disfida, ma egli riversava la sua attività anche verso altri interessi, come quello per la istituzione della Provincia di Barletta che caldeggiava dalle colonne del giornale cittadino “L’Ofanto”, da lui fondato.

*   *   *

Un aspetto altrettanto importante della sua molteplice personalità, era quello di scrittore, anche se i suoi scritti non sempre rispondono ai canoni della pura ricerca storiografica. Infatti egli scriveva con foga e con passione, preso dall’impeto del suo amore per la città, e tuttavia - pur con i loro limiti scientifici - questi scritti ci restituiscono spesso la narrazione dal vivo dei fatti da lui raccontati, come fossero reportages dal fronte degli avvenimenti.
Tra i suoi scritti più noti I moti popolari di Barletta per la contesa storica e per il monumento nazionale alla Disfida, del 10 novembre 1931, il cui oggetto è già tutto un titolo (De Santis-Foggia 1988); Barletta e la Disfida, un volume di 300 pagine riccamente illustrato (V. Vecchi e C.-Trani 1969). E poi Barletta nella storia militare dal 1000 al tempo presente, una doviziosa ricostruzione dei principali episodi bellici nei quali era stata coinvolta la città nell’ultimo millennio (Rizzi & Del Re-Barletta 1973). E ancora, L’occupazione tedesca a Barletta: 12-24 settembre 1943, una documentatissima ricerca sui tragici fatti del settembre del ’43, resa ancor più drammatica dalla circostanza che egli, di quegli avvenimenti, era stato testimone oculare e talvolta anche attore (V. Vecchi e C.-Trani 1973).
Il 19 gennaio 1984 don Peppuccio, arciprete della Cattedrale da appena due anni (una tardiva attestazione in premio della sua lunga missione pastorale), ci lasciava a 98 anni. Ma forse il Signore se l’era chiamato a sé per risparmiargli il dolore per l’imminente soppressione dell’Arcivescovato di Barletta, riunificato a quello di Trani, il 9 ottobre del 1986, dopo 126 anni.

Se grande era stato il suo contributo per la rinascita storica della città, don Peppuccio è ricordato soprattutto come appassionato ricercatore di fatti e personaggi notevoli del nostro passato e animatore di rievocazioni storiche.
Anche dopo la sua morte, i suoi concittadini hanno continuato a tributargli attestazioni di affetto, culminate con la dedicazione della piazza antistante al Monte di Pietà e l’erezione di un monumento in piazza Plebiscito (scultura di Nunzio Quarto), atteggiato nel gesto di imboccare via Manfredi, diretto con passo spedito verso la chiesa di S. Giovanni di Dio di cui era stato l’ultimo parroco.

Renato Russo
(21 dicembre 2016)

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