|   Quel lungo  viaggio notturnodi Luisa  Vecchi da Trani ad Alessandria
 Valdemaro Vecchi morì nella sua casa di Trani  110 anni fa, la sera dell’8 febbraio 1906. A Barletta, come siamo informati dai  suoi ricordi, il giovane tipografo aveva lasciato numerosi estimatori, gli  eredi della sua arte tipografica (maturata nel corso di undici anni nel  Convento di S. Domenico) ma anche il doloroso ricordo della prematura scomparsa  del suo figlioletto. La perdita del Vecchi fu certo molto grave per il fratello  Evaristo, per il personale della sua tipografia, per l’innumerevole schiera di  amici, anche barlettani (ai quali il Vecchi aveva regalato, anni prima, la  stampa della rinomata Storia della città  di Barletta di Sabino Loffredo).Gravissima, incolmabile perdita per la cultura  del Mezzogiorno (specialmente quella napoletana), ma soprattutto per la moglie  Luisa alla quale giunsero le attestazioni di cordoglio di un gran numero di  personalità specialmente del mondo letterario (numerosi infatti erano gli  autori per i quali stampava) e giornalistico (era il direttore della famosa  “Rassegna Pugliese”), ma anche forense (era infatti anche l’apprezzato  tipografo del Tribunale di Trani).
 Le attestazioni di solidarietà alla vedova  Luisa, nella loro freddezza formale, ci restituiscono una figura umana lasciata  sola nella temperie di una sofferenza interiore inesprimibile, una signora  timida e schiva chiusa nel suo riserbo, estraniata dai numerosi incontri dai  quali l’indaffaratissimo marito l’aveva tenuta lontana.
 *   *   * Riservata e sensibile, la  vedova Luisa Penna era la vera dolente protagonista di queste luttuose  giornate, strappata al suo abituale riserbo dalle innumerevoli attestazioni di  cordoglio di cui fu destinataria nelle tristi ore che erano seguite alla morte  del marito. Di Luisa Penna sappiamo  pochissimo e quel poco che sappiamo è legato alle poche date che segnano i  quarantadue anni vissuti all’ombra di un marito tutto preso dal suo lavoro,  indaffarato quattordici ore al giorno, senza svaghi né frequentazioni dei  raffinati salotti tranesi, al quale resterà devotamente legata per tutta la  vita, senza però mai comparire, se non come una figura diafana sullo sfondo di  una vita priva di sussulti, senza mai uno slancio emotivo di gioia o di  afflizione.
 Così sarà quando, appena  quattordicenne, nel 1864 sposerà Valdemaro, e poi quando lo raggiungerà a  Barletta agli inizi del 1869 (nei suoi ricordi Valdemaro racconta il suo primo  solitario viaggio a Barletta), oppure quando, nel 1875, gli nascerà il figlio  Tommasino, com’essa lo chiamava nell’intimità del loro focolare; e poi quando,  appena quattro anni dopo, gli morirà fra le braccia, nella notte del 31  dicembre del 1879 (il suo monumento funebre è ben in vista all’ingresso del  nostro cimitero monumentale).
 Persino di questa dolorosa  perdita nulla è trapelato dai ricordi del Vecchi che con la sua abituale  riservatezza rammenta soltanto la propria sofferenza, senza mai far cenno a  quella della compagna, che deve essere stata straziante, per essere quel bambino  la sua sola ragione di vita, in una quotidianità così solitaria.
 Lo stesso avverrà in occasione  della morte del marito quando, dal suo comportamento, traspare appena un  barlume di dolorosa vitalità, in quel breve cenno riferito nella cronaca  dell’ultimo giorno di vita del Vecchi, nella prima pagina della “Rassegna  Pugliese”, quand’essa cerca, come può, di rincuorarlo, mentre lui le risponde,  rassegnato, di sentirsi sfuggire la vita.
 Da Napoli Benedetto Croce fu il  primo a telegrafarle il suo immenso dolore “col cuore straziato per la perdita  del tipografo-artista, del lavoratore infaticabile, dell’uomo retto e buono,  amico da oltre vent’anni”. Ma, al tempo stesso Croce, uomo di pensiero ma anche  d’azione, quello stesso giorno telegrafava a Giovanni Laterza chiedendogli di  garantire alla povera signora adeguati mezzi di sostentamento, perché  consapevole delle ristrettezze economiche nelle quali essa versava.
 Di queste dolorose giornate, tutta  sola e smarrita, essa resta l’unica dolente protagonista, occupando la scena  del dramma, subendo in solitudine il trambusto di tutta quella gente che non  conosce e che non la consola. L’unico momento di cedimento, il telegramma  consolatorio, da Alessandria, della mamma Vittoria che la scioglie finalmente  in un pianto liberatorio.
 *   *   * Da questo momento non ne  sapremo più nulla perché sparisce in maniera repentina e definitiva, senza  niente reclamare per sé. Ignoriamo persino se abbia seguito il corteo funebre  per le strade di Trani, come non sappiamo se abbia presenziato ad alcuni eventi  celebrativi in memoria del marito; allo stesso modo il suo nome non compare mai  negli atti documentali sugli sviluppi societari dopo la scomparsa del Vecchi,  nei quali si affacciano le figure dell’avv. Giuseppe Protomastro che ne tutelerà  l’aspetto economico, del socio Giuseppe Pietrarota che rileverà la conduzione  della tipografia, e di uno sbiadito Evaristo Vecchi, fratello di Valdemaro.In una fredda serata di fine  febbraio, senza neppure partecipare alle solenni esequie commemorative per il  marito che si sarebbero celebrate un mese dopo nel Teatro Comunale di Trani,  tutta sola, la signora Luisa prese l’ultimo treno per il Nord e con un po’ di  bagagli ritornò ad Alessandria, presso la madre.
 Quanto le sarà costato percorrere  quell’ultimo tratto di strada, attraversare piazza della Repubblica, imboccare  viale della Stazione e ancora  una volta,  l’ultima, soffermarsi a contemplare palazzo Sarri, dove quasi per trent’anni il  marito s’era consumato a leggere manoscritti, a impostare progetti editoriali,  a comporre e stampare libri, senza tregua, per essere poi all’ultimo ripagata  da quella città ingrata con cinica indifferenza. Era troppo, e se ne andava  senza commiati, con un groppo in gola e tanta amarezza nel cuore.
 Proviamo a immaginare questo  lungo viaggio solitario da Trani verso Alessandria, quasi mille chilometri,  tutta sola nel suo freddo scompartimento. Una galleria di ricordi a scorrerle  nella mente come i lunghi filari di alberi che accompagnavano la sua notturna  corsa verso il Nord, sconvolta dal lancinante dolore per la repentina morte del  marito e lo struggente rimpianto per quell’unico figlioletto scomparso cinque  lustri prima, che lasciava per sempre nella nuda terra del cimitero di  Barletta, senza neppure la consolazione della deposizione di un ultimo fiore  sulla sua tomba disadorna.
 Un viaggio a ritroso nel tempo, che un po’ ci  ricorda quello del marito compiuto tanti anni prima. Eppure quanto diversi fra  di loro i due percorsi: quello di Valdemaro inquieto e nondimeno denso di  fiduciose attese per un futuro ricco d’incognite, al contrario di quello di  Luisa, quasi l’epilogo di una vita tanto ricca di soddisfazioni morali, eppure  così drammaticamente crudele.
 Renato  Russo(2 dicembre 2016)
 << vai all'indice del canale  |