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 Una città alla deriva in  attesa che il suo comandante torni sulla plancia di comando Già  l’amministrazione Maffei, fin dall’esordio del suo secondo mandato, non ha  navigato in acque tranquille, a cominciare dall’insediamento del presidente  dell’assemblea consiliare, quando ha riproposto lo stesso scenario turbolento  che segnò l’inizio del primo mandato. Allora – sei anni fa - il presidente  designato e avversato fu Pino Di Paola, questa volta Enzo Del Vecchio.Dopo  un estenuante braccio di ferro, l’estate scorsa finì con un compromesso che  avrebbe dovuto avere il carattere della provvisorietà ma che dura tuttora:  Franco Pastore alla presidenza del Consiglio e come assessori, designati i  primi dei non eletti di ogni raggruppamento politico di maggioranza. Ora la  situazione, come non era difficile prevedere, si è progressivamente  deteriorata, sia perché (sul fronte della giunta) non ci si può  improvvisare  amministratori, e sia  perché (sul fronte politico) i partiti non hanno saputo – o voluto – trovare  una ragionevole intesa.
 A  complicare lo scenario politico cittadino, il recente disimpegno del PSI (a cui  fa capo il presidente del Consiglio, il consigliere regionale Franco Pastore) e  i rapporti non idilliaci fra il sindaco e il consigliere regionale Ruggiero Mennea,  mentre – specialmente in tempi così critici come quelli che stiamo vivendo –  l’ideale sarebbe quello di un rapporto collaborativo fra i due livelli  governativi, quello cittadino e quello regionale.
 È  solo la punta di un iceberg! Ma il sindaco ha la consapevolezza del malumore  (per usare un’espressione eufemisticamente riduttiva) che regna in ogni settore  della vita sociale della città? Prendiamo per esempio il mondo delle  cooperative: quante palazzine, ormai terminate da tempo, aspettano gli allacciamenti  (acqua, gas e luce) la cui assenza provoca gravi danni economici ai soci che –  in tempi così precari – devono sopportare un doppio pagamento, quello del fitto  della vecchia casa e quello del mutuo?…
 E  sul piano della pura gestione della pubblica Amministrazione, cosa balza subito  agli occhi? Prendiamo per esempio la mancanza di una delega operativa agli  assessori e quindi il conseguente accentramento delle loro competenze nelle  mani del sindaco. Ecco allora uno dei principali problemi da risolvere: avere  dei buoni assessori per ogni comparto, competenti e volitivi, soprattutto  esperti del settore al quale chiamati, per poi assegnar loro le deleghe e  seguirne l’operatività, cioè lo stato d’attuazione del programma  dell’esecutivo. Una consolidata esperienza insegna che per una improduttiva  gestione amministrativa non c’è niente di peggio che di un verticistico  accentramento decisionale e operativo, che la delega ad un solo collaboratore,  per quanto solerte, non basta a soddisfare.
 Che  oggi la situazione sia diventata insostenibile, si percepisce da numerosi  indizi e da irrefutabili segnali, come quelli che sempre più frequentemente ci  pervengono attraverso i messaggi della stampa che, presi singolarmente  potrebbero anche spingere il sindaco alla loro sottovalutazione, mentre nel  loro complesso dovrebbero indurlo a qualche riflessione autocritica. Sempre che  non sia prevenuto e che non abbia finito, dopo sei anni di gestione,  coll’essere vittima della syndrome of  self-sufficiency, cioè del convincimento della sua indispensabilità e che  pertanto debba lui solo comandare e decidere disattendendo tutte le promesse di  partecipazione democratica fatta ai suoi elettori durante la campagna  elettorale, che a quello scranno lo avevano elevato. Di qui – forse - il progressivo  convincimento di non aver più bisogno di nessuno e la sua irritazione di fronte  a qualsiasi forma di critica, sia pure cordiale, amichevole e propositiva  (quanti suoi amici se ne sono, in questi ultimi tempi, lamentati).
 Una  volta, a fronte di una gestione esageratamente personalizzata, il giornalista  Rino Daloiso riprese il sindaco Francesco Salerno dedicandogli un fondo con un  grosso titolo: RE FRANCESCO. Ciccio lì per lì se ne adontò, ma poi – duttile e  sornione – capì l’antifona, e rientrò in una dimensione democratica e almeno  per i primi tempi attenuò gli eccessi di una conduzione troppo verticistica,  tornando a valersi dei suoi collaboratori e a convocare incontri singoli e  associazionistici…
 Rispetto  al passato, quando la democrazia – pur conflittuale – era però più condivisa,  oggi assistiamo a una vistosa defaillance:  l’assenza dei partiti, sia quelli di maggioranza che di minoranza. Sulla carta  non mancano, anzi, ce ne sono tanti, troppi. Ma è che sono scoordinati fra di  loro, che pur condividendo tante critiche, non riescono a canalizzarle verso  valutazioni e proposte organiche e convergenti.
 La  città, in questi ultimi mesi, vive come narcotizzata, procede per inerzia,  mentre gli esponenti di tutti i partiti esprimono, sia pure in forma sparsa e  disarticolata, il proprio malumore, se non apertamente il proprio dissenso. Le  recenti cronache ne sono piene.
 Certo  egli è una brava persona, è onesto, cordiale, prudente, sobrio, tutte belle  qualità, ma non basta. È necessario che sia risoluto e determinato, che  affronti i problemi e li risolva, e che esca dall’isolamento nel quale si è  volontariamente recluso e si apra ad un dialogo franco e non preconcetto,  cominciando dalle critiche, perché anche questo fa parte del suo mandato,  quello di recepire le istanze di tutti, a cominciare da quanti non la pensano  come lui.
 Ma  lo recepirà, il sindaco? Assimilerà serenamente le numerose contestazioni di  cui è fatto oggetto? Se le ignorerà, se le respingerà perseverando nel suo  isolamento, vuol dire che vorrà allargare la distanza che oggi lo separa dalla  gente; se invece si farà un esame di coscienza e si aprirà al dialogo con la  città, attraverso le sue molteplici espressioni, singole o collettive, allora è  probabile che la situazione politica generale migliori.
 Speriamo  solo che non si illuda che al congresso cittadino in atto possa trarlo di  impaccio l’elezione alla segreteria politica di un esponente di una maggioranza  tesseramentaria. Questo che stiamo vivendo, infatti, non è un problema  verticistico, che si possa affrontare nelle ovattate stanze del potere e che si  possa risolvere a colpi di imposizioni federative, perché non attiene  all’interno di una coalizione partitica ma politica che quindi investe la città  e i suoi problemi.
 Noi  non apparteniamo alla schiera dei denigratori del sindaco, gli siamo  francamente amici, ma non di quelli che per compiacerlo fanno finta che non  stia succedendo niente, anzi, peggio, danno la colpa agli altri per sottrarsi  alle proprie responsabilità. Per questo ci associamo al contenuto dell’accorato  messaggio di Emanuele Doronzo (Gazzetta del Mezzogiorno, 10 febbraio 2012) e  concludiamo la nostra lettera da dove lui l’aveva iniziata: Caro Sindaco, te lo dice un amico sincero,  che ti vuol bene. Torna a bordo e riprendi il comando della nave, prima che sia  tardi. La città è alla deriva...
 
 Renato Russo(23 febbraio 2012)
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