|   Il Colonello Nanula a Palermo nella stagione delle stragi      AntefattiNell’estate  1983 si aprì un capitolo importante nella vita del col. Nanula il quale fu  trasferito a Palermo come comandante del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria  nella stagione delle stragi. Le motivazioni di questo spostamento meritano una  breve spiegazione preliminare. Era il tempo  in cui lo Stato assisteva impotente ad una spietata recrudescenza delle  attività criminali delle Brigate Rosse in Italia e della mafia in Sicilia che  aveva fatto numerose vittime fra la gente comune, ma anche fra gli inquirenti e  alti funzionari dello Stato spietatamente trucidati perché giunti troppo vicino  alla verità.
 L’escalation era iniziata a partire dalla seconda metà del ’79 ed era poi proseguita  inesorabilmente agli inizi degli anni Ottanta con numerosi delitti eccellenti:  Boris Giuliano capo della Squadra  Mobile di Palermo (21 luglio ’79); il giudice istruttore Cesare Terranova in procinto di tornare a Palermo  dopo due legislature come deputato PCI (25 settembre ’79); il presidente della  Regione Siciliana Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980); il procuratore capo della Repubblica di Palermo Gaetano Costa (agosto 1980); il segretario  regionale del PCI regionale Pio La Torre che aveva proposto una legge sui controlli bancari al fine dell’accertamento  dell’origine delle fortune mafiose e risalire così alle attività illecite  (aprile 1982); il generale Carlo Alberto Dalla  Chiesa, già vittorioso protagonista della lotta al terrorismo, inviato in  Sicilia come super prefetto per coordinare le indagini contro la mafia (3  settembre ’82); il giudice istruttore della Repubblica Rocco Chinnici promotore della nascita del  Pool antimafia (luglio ’83).
 In un tardivo soprassalto  di dignità, dieci giorni dopo l’assassinio del gen. Dalla Chiesa, il governo  decise di applicare la legge “Pio La Torre”. La legge colpiva al cuore gli  interessi della mafia perché investigava sui conti bancari, sui tempi e sui  modi degli inspiegabili arricchimenti dei grossi patrimoni siciliani  verosimilmente collusi con la mafia. Ma per la notorietà di alcuni grandi  imprenditori era necessario che la legge venisse correttamente interpretata per  essere poi severamente applicata. E chi meglio del col. Nanula - docente di  diritto fiscale e tributario nonché esperto dei metodi accertativi sulla  consistenza dei patrimoni sospetti - poteva rivestire questo ruolo?
 Il ruolo del col. Nanula nel Pool antimafiaGiunto a Palermo a  giugno dell’83, Nanula avrebbe dovuto affiancare il giudice istruttore Rocco  Chinnici, che però resterà lui pure vittima, un mese dopo, di un attentato  dinamitardo. Tutti eliminati, nel giro di cinque anni, i più importanti  protagonisti della lotta alla mafia! Sembrava il drammatico epilogo di una  lotta senza quartiere fra la mafia e lo Stato dove lo Stato n’era uscito  sconfitto e mortificato. Si offrì di trasferirsi a Palermo, da Firenze, il  giudice Antonino Caponnetto a coordinare il Pool antimafia del quale furono  chiamati a farne parte i giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino. Leonardo  Guarnotta e Giuseppe Di Lello mentre il col. Nanula veniva confermato come il  responsabile del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria, al quale era affidata  la delicata fase istruttoria accertativa della nuova normativa.
 L’efficacia  interdittiva della legge antimafia 13 settembre 1982 n. 646, più nota come  legge “Pio La Torre”, che per la prima volta prevedeva nei confronti dei  mafiosi l’applicabilità di misure accertative di carattere patrimoniale, colpendone  alla radice gli interessi, e il suo successo applicativo, erano strettamente  legati alla qualità del contributo  operativo che al Prefetto di Palermo e al Procuratore della Repubblica avrebbe potuto  dare la Polizia Tributaria (art. 14 - primo e terzo comma - e art. 25).
 Messo a capo  della Polizia Tributaria di Palermo, il col. Nanula rispose in maniera  encomiabile sul piano della conduzione di una attività accertativa conforme sia  alla lettera che alla “ratio” ispirativa della nuova normativa. Attività  apprezzata dall’alto Commissario per la lotta alla mafia che non mancherà di  darne atto al Comandante Generale della Guardia di Finanza che non ne farà  mistero nelle note caratteristiche dell’ufficiale, a consuntivo della sua  collaborazione: “Prescelto per il comando  dell’importantissimo Nucleo Regionale di Polizia Tributaria, in anni di  fervida, operosa e profìcua attività, sacrificando se stesso e anteponendo in  ogni circostanza il servizio dello Stato, ha ottenuto risultati di rilievo  eccezionale nella lotta alla mafia. L’apporto culturale, l’impegno operativo,  la sagace tenacia riversata nelle indagini finanziarie e di polizia si sono  imposte alla generale attenzione come elementi determinanti per ristabilire in  Italia ordine tributario e giustizia. Gli eccezionali servizi svolti meritano un vivissimo  elogio”.
 Gli encomi solenniI risultati  realizzati dal col. Nanula in quegli anni di dura lotta alla mafia furono  davvero eccezionali, ancorché, per ragioni di sicurezza, il riferimento alla  sua persona non veniva mai pubblicizzato né con foto né con interviste. Ne  fanno però fede i quattro encomi solenni e i dieci encomi semplici,  attribuitigli durante il suo comando. Perché non vada disperso il patrimonio di  generosa dedizione, di coraggio e di intelligente professionalità, profuso in quegli  anni di fuoco, rileggiamo la sintesi della motivazione dei quattro encomi  solenni:
 “Comandante del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria di  Palermo, fortemente impegnato nella lotta alla criminalità organizzata,  preparava e dirigeva un complesso piano di indagini e di interventi operativi,  svolti in collaborazione con organi di polizia nazionali, statunitensi, spagnoli,  svizzeri e brasiliani, finalizzati alla repressione di un vasto traffico  internazionale di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti. Il piano si  concludeva con l’arresto in Italia, Spagna, Svizzera e Stati Uniti d’America di  43 persone collocate ai vertici dell’organizzazione criminale. L’operazione di  servizio riscuoteva l’aperto plauso del Governo, dell’Autorità Giudiziaria, dell’Alto  Commissario per la lotta contro la delinquenza mafiosa e del Governo degli  Stati Uniti d’America e suscitava unanimi consensi dell’opinione pubblica,  conferendo al Corpo ulteriore prestigio - Sicilia, novembre 1983 - maggio 1984”.
 Il secondo di tali  encomi gli venne conferito per un’operazione che “aveva portato all’arresto di 46 malavitosi inseriti ai vertici di  organizzazioni mafiose, nonché a mandati di cattura ad altri 155 soggetti già in stato  di detenzione”.
 Il terzo, “per un complesso piano di indagini e di  accertamenti nei confronti di cosche mafiose ... che consentiva di acquisire  elementi di prova in base ai quali l’Autorità Giudiziaria disponeva la  confisca di beni per un valore di circa 150 miliardi”.
 Il quarto, per la  direzione di “complesse indagini di  polizia giudiziaria e tributaria in ambiente mafioso particolarmente difficile,  che portarono alla ricostruzione di un patrimonio illecito, abilmente occultato  in Italia e all’estero, per un valore complessivo di oltre 45 miliardi,  successivamente sequestrato dall’Autorità Giudiziaria”.
 Tutte queste  operazioni, come testimoniano le motivazioni dei relativi encomi, riscossero il  plauso del Governo e dell’Autorità Giudiziaria, suscitarono unanimi consensi  nell’opinione pubblica e contribuirono ad accrescere il prestigio del Corpo  della Guardia di Finanza.
 Il maxi processo del 1986E venne il momento  in cui l’enorme materiale certificativo raccolto dalla Guardia di Finanza  doveva servire per l’istruttoria del processo alla mafia, così gli incontri col  Pool antimafia e con la Procura Generale di Palermo si intensificarono.
 Per apprezzare  compiutamente quale sia stato - in quel contesto - il significato della  gestione del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria da parte del col. Nanula,  valgano le attestazioni di cui il Procuratore Generale della Repubblica di  Palermo volle dare testimonianza al Comandante Generale della Guardia di  Finanza, scrivendo fra l’altro che l’ufficiale “aveva espletato le relative funzioni con grande prestigio ed elevato rendimento, rispondendo in pieno alle molteplici e complesse esigenze inerenti ai  delicati compiti affidatigli”; ed  ancora che “sotto il suo comando, caratterizzato  dal collaudo di nuove metodologie investigative, imperniate sull’utilizzo ai  fini penali degli strumenti dell’indagine patrimoniale e fiscale, nonché da una  visione complessiva e sistematica, anche sul piano internazionale, dei  collegamenti mafiosi, il ruolo del Nucleo Regionale è stato determinante per il  successo delle operazioni ... Appare doveroso sottolineare i contributi  operativi forniti in occasione dei casi Badalamenti, Buscetta, Ciancimino,  Salvo, Gambino, ed altri”.
 Strettissima, in  quegli anni, come abbiamo visto, fu la collaborazione con il Procuratore  antimafia Antonino Caponnetto col quale il col. Nanula instaurò un rapporto di  intensa assidua collaborazione, anche perché entrambi, per ragioni di  sicurezza, vivevano all’interno della Caserma della Guardia di Finanza di  Palermo, circostanza che intensificò i loro incontri, talvolta estesi anche  alla presenza dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per concertare e  coordinare le operazioni antimafia. Complesse operazioni e articolate istruttorie  che sarebbero poi sfociate, assieme a quelle delle altre forze di polizia, nel  maxi processo di Palermo, del febbraio 1986, nei confronti di 475 imputati.
 Renato  Russo                            |